Leggendo Atti degli Apostoli 12,1-11

Gli ordini di Dio sono riverberi luminosi nella nostra mente indistinta di schiere d’angeli.
Come in una pallida somiglianza di quel che avviene agli uomini quando cercano di amarsi veramente sulla terra, così, anche quella volta, io mi resi conto di rispondere al lampo di desiderio di Dio, che in quell’istante, toccava a me. Non mi veniva affidata la persona di Pietro perché la custodissi tutta la vita, perché ne fossi l’eterno custode dal suo nascere fino al momento in cui lo avrei ricondotto ai piedi del Suo Trono, un altro ci aveva già pensato fin dai suoi inizi.
Sentivo invece che mi veniva chiesto di diventare solo il custode di un attimo cruciale della sua vita, di una liberazione straordinaria e lieve, veloce nel suo procedere, in cui egli avrebbe avvertito la mano di Dio operare potentemente nel buio della sua prostrazione. “Un miracolo” avrebbero detto gli astanti e soprattutto i suoi amici, un fatto che contribuiva a dar forza all’annuncio del Regno… Io dunque, custode del suo kairos, del tempo favorevole in cui avvertire il tocco del Padre che si prende totalmente cura di un uomo ed esiste per lui, commuovendolo fino alle lacrime: in questo modo si sarebbe sentito Pietro grazie al mio agire. Io ero solo lo strumento di una Volontà alta che mi faceva gesto, azione, luce ed indirizzo di strada.
Così discesi nel luogo della pena, discesi staccandomi dalla mia schiera di luce dove il canto era solo e tutto contemplazione di Vita e l’armonia sostanza stessa di una pienezza sconosciuta agli umani che l’avvertivano a tratti in quei brandelli di luce che io ora andavo a preparare per Pietro. Lui, l’amico generoso e irruento di Gesù, l’unico che aveva saputo dirgli con passione che era il Cristo, il figlio del Dio Vivente, ma anche quello che aveva potuto rinnegarlo per tre volte prima del canto del gallo quando il bisogno di amici era uno dei rantoli più strazianti del Signore che pativa sul Golgota. Pietro, quello che aveva pianto amaramente per aver la forza di correre insieme a Giovanni, la mattina del grande Risveglio del suo Signore… Che era corso ad annunciarlo agli altri con la velocità di un ragazzo, pur faticando a stare dietro al giovane e innamorato Giovanni. Pietro che amava Gesù di un amore viscerale e adulto, con emozioni forti e tratti virili, con una lealtà di fondo che neppure lo strazio lacerante di aver rinnegato avrebbe appannato… Pietro che aveva saputo perdonarsi di fronte allo sguardo di Dio il quale per tre volte gli chiedeva se lo amava veramente e gli affidava i suoi agnelli perché li pascesse. Pietro che aveva capitolato di fronte all’amore, arrendendosi alla Sua evidenza più piena: Signore, tu lo sai che ti amo… Fino a lasciarmi cingere da un altro quando sarò vecchio, fino a farmi perseguitare per amor tuo, fino a guidare la tua Chiesa anche se so di non esserne degno!
Era ad un uomo simile che io andavo a sciogliere i ceppi in carcere, era di quel momento che io dovevo essere tramite, momento immenso anche per me, in cui il mio unico desiderio di obbedienza al Padre, Figlio e Spirito mi chiedeva di sciogliere l’amico Pietro dai ceppi, in quella cella voluta da Erode in cui il buio s’era fatto così fitto da poter confondere la mente dell’uomo.
Conoscevo la vicenda particolare del suo arresto, e della sua precedente predicazione, nell’unico tempo che mi era da sempre concesso, come parte della conoscenza divina: in un unico presente vidi il suo arresto, dopo tanti generosi gesti e parole d’Amore insieme a quello straordinario fratello che era Paolo, così diverso da lui, ma così simile in fondo. Giacomo era già stato ucciso a fil di spada dagli uomini di Erode, e ora era stato arrestato anche Pietro in quei giorni degli Azzimi in attesa di essere presentato al popolo per il giudizio, in una sorta di istruttoria politica molto simile a quella che era toccata al Suo Maestro. L’eco della preghiera dei suoi, della sua intera chiesa, in quel momento si era levata unanime e incessante al cospetto di Dio: l’accorato affetto per Lui si era rivolto, in questa attesa densa, al cuore del Padre di Cielo e Terra perché liberasse questo figlio che lo serviva umilmente, ormai del tutto consegnato. Lui, angelo minore di un kairos, era stata la prima immediata risposta dell’Altissimo che ode il grido dell’Amore quando è puro e attraversa i cieli per imminenza di risposta all’uomo che lo cerca con sincero ardore…
Lo aveva dunque trovato addormentato nel buio e stranamente sereno, sorretto dalle preghiere d’amore di chi lo amava, implorazioni che lo portavano su ali d’aquila e gli facevano da guanciale sull’impiantito duro della prigione. Questa la sorte di chi ama Dio: essere sollevato su ali d’aquila, come nel salmo recitato dagli uomini in cui si parlava già di quel loro attimo, di quello che lui stava per vivere con Pietro: Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno, perché non inciampi nella pietra il tuo piede.
Bello per lui, ma che anche gli uomini sapessero, in un’intuizione profonda, che spesso gli angeli li vanno a liberare? Lui, umile parte di schiera impalpabile, non lo sapeva, questo era un Mistero riservato solo al Tutto. Soltanto conosceva che gli avrebbe detto parole semplici come “Alzati in fretta!”, “Mettiti la cintura e legati i sandali” e “Metti il mantello e seguimi!”: parole semplici quelle degli angeli, dirette ad un corpo sapientemente vissuto, come dolci ordini di una madre che accudisce il proprio bambino, parole essenziali senza teoria e bisogno di spiegazioni altre. Sapeva di dover lasciare alla luce di cui egli era fatto l’annuncio della straordinarietà, della natura soprannaturale e sacra dell’evento di grazia che stava avvenendo. A Pietro sarebbe dovuto bastare tutto questo, l’angelo lo sapeva. Così, svegliatosi in fretta e avendo obbedito ai suoi comandi, quello strano pescatore di uomini vinto dell’Amore lo aveva seguito nei corridoi della prigione, ormai libero dalle sue catene, ma in preda ad una totale incredulità che gli faceva pensare piuttosto ad una visione. Riuscirono a passare tutti i posti di blocco e finalmente ad uscire all’aria aperta fino a una strada dove sapeva di doverlo nuovamente lasciare solo. Ignoto posto, anche per lui, l’angelo, dove aveva ordine che le loro strade si dividessero, dove sapeva che l’uomo deve ritornare di nuovo solo in attesa di un nuovo kairos in cui fare potentemente esperienza di Dio. Anche lui, essenza angelica, consapevole dell’inevitabile struggimento che avrebbe causato nel cuore provato di quell’uomo, di nuovo sottoposto ad un difficile passaggio terreno dalla luce al buio.
Ma non era ancora tempo per quel “santo” di vivere in una Luce perenne!
Il fremito delle mie ali segnò il saluto di cui non sapevo se Pietro si fosse accorto… Ma era un arrivederci, non un addio: il buio a cui lo lasciavo non era poi così fitto, era fatto di sorrisi d’uomini che lo ritrovavano, parole di salmi di lode recitati insieme, nuovo dolore umano da soccorrere, intimi pensieri struggenti rivolti all’amico Gesù, docili sguardi rivolti al Cielo per dire ancora grazie al Padre, gemiti inesprimibili dello Spirito in stanze dovute e solitarie.