Mi era sempre piaciuto restare ore lunghe a giocare sotto al sicomoro del nostro giardino.
Giocavo da sola, per me era normale, eppure mi ero sempre chiesta perché le altre bambine mi evitassero, forse ero diversa, soprattutto non mi piaceva parlare.
Più delle parole anche adesso mi piacciono gli oggetti, la vita dentro le cose che osservo a distanza… non amo avvicinarmi troppo a nessuno, neanche agli alberi, neanche ai sassi a cui spesso racconto i miei sogni…
Solo a quell’uomo ho permesso di toccarmi, di prendermi per mano…
Quell’uomo, chissà chi era, il Rabbi… mia madre è una donna sicura e molto curiosa eppure non sono riuscita a capire se neanche lei sapeva chi fosse.
E’ stato strano come mi sono ammalata, o meglio come sono scivolata dentro la morte, quel giorno, uscendo dall’ombra fresca del nostro giardino ed entrando nella penombra di vapore della mia stanza dove le donne della casa facevano bruciare oli per rianimarmi…
Ma morire per me non era un gran problema, avevo così tanto bisogno di riposarmi.
Eppure i miei genitori non vollero lasciarmi andare e chiamarono quell’uomo, che salì le scale con loro per venirmi a trovare. Io non ricordo tutte queste cose, me le hanno raccontate le donne spaventandomi molto. Mia madre le ha sgridate perché me le hanno dette e ha subito cercato di convincermi che non era vero.
Mia madre, Raab, ha un nome così strano, il nome di una donna decisa della storia di Israele, eppure non mi è apparsa affatto sicura assieme a mio padre e a quell’uomo diverso.
Quell’uomo era solo le sue mani, le sue mani nella mia vita, e Voce, la sua voce sul mio silenzio.
Mi ha cambiato nome, “Talità”, e un dolce ordine, quello di alzarmi.
Non mi ha detto nient’altro, ma a me non serviva. L’ho seguito, mi sono alzata subito in uno spazio di compagnia nuova.
Da allora anche mia madre mi chiama Talità, sembra che non ricordi più il mio nome di prima.
Talità, mi piace come suona…
Talità nelle sue mani, Talità che ricomincia a mangiare, Talità che torna a giocare in giardino.
Da allora anche il mio silenzio è cambiato, io sapevo che non avevo più nulla da aggiungere, Lui aveva già detto tutto.
Capivo che presto mi avrebbero promessa sposa, di qualcuno di cui non sapevo nulla… ma dopo quel giorno il mio silenzio era solo uno struggente desiderio di compagnia.
Le donne mi guardavano scrutare l’orizzonte, vedevano il mio sguardo che sembrava vuoto ai loro occhi…
Ma il mio era solo uno sguardo stanco, perché l’orizzonte è una linea difficile da sostenere a lungo senza una sagoma che ne rompa la monotonia…
E a me di sagoma interessava solo la Sua, come quella che aveva quando lo vidi ripartire e io stringevo il legno del nostro cancello come unica mano che ancora mi rimaneva…
La Sua mano, l’unico gioco che so ancora fare, l’unica parola che mi interessa dire, l’unico futuro che desidero incontrare.
Mi ha riportato in vita, mi ha ricreato uno spazio di presente… ma io ormai sono solo Talità, solo una fanciulla, la sua fanciulla…